«Appena si trovò di fronte l’alfiere nemico, che sventolava lo stendardo in segno di giubilo, lo stese a terra con un gran fendente e catturò la bandiera».

Davvero un gran bel tipino questa nobildonna di Ripatransone, Bianca Benvignati De’ Tharolis, che nel XVI secolo, mentre per pavidità gli uomini erano intenti alle strategie, radunò un drappello di amiche e liberò il paese dall’assedio spagnolo. Non a caso la sua città le ha dedicato la piazza più importante come ricorda il ripano Luigi Mercantini, poeta, patriota e primo direttore del Corriere Adriatico:

«Poi nuove orde di spagnoli – scrive – e la storia di Donna Bianca che mostrò il suo valoroso coraggio inseguendo sul suo destriero il nemico uccidendolo».

L’assedio

Ma facciamo un passo indietro. Lei aveva intuito tutto e, al contrario dei nobili locali, non si fidava più degli Spagnoli. Questi ultimi sebbene fedelissimi al Papa – così come la città picena già dai tempi di Alessandro VI e del suo celebre figlio, il duca Valentino – avevano già saccheggiato la città nel 1515, uccidendo, violentando e riducendo la campagna a un cumulo di macerie. L’orda, preceduta dalle voci sui suoi terribili misfatti, fu invece lasciata entrare, accompagnata da una lettera di raccomandazione del pontefice Leone X e omaggiata dal Consiglio degli Anziani con una festa. Banchetto che si trasformò in sacco e tragedia. La lezione, evidentemente era bastata, e poco dopo, un’altra armata di 8000 uomini al comando del capitano Garcia Mandriguez, si ripresentò alle porte della città. La brillante idea dei maggiorenti fu, ancora, di scendere a patti. Per Ottaviano Benvignati ce n’era abbastanza. «Andò a far visita alla sorella, Donna Bianca, sposata ad Almonte De’ Tharolis, che, sdegnata per il comportamento dei nobili ripani e solidale con il fratello, decise di aiutarlo» scrive Carlo Nucci in una tesina.

Il summit

In casa organizzò un vero e proprio summit con le donne più fedeli, quelle che aveva aiutato nel momento del bisogno o le erano legate da motivi di famiglia e antica amicizia. E le arringò: «Domani gli Spagnoli entreranno un’altra volta a Ripatransone perché i pochi difensori, per quanto valorosi, saranno sopraffatti. Non chiedo pietà per i miei fratelli, che si lasceranno ammazzare prima di permettere che un nemico entri dentro le mura; chiedo pietà per me e per voi, per tutte le donne di questa città che, per la seconda volta in pochi anni, dovranno soggiacere alle sozze voglie. Se gli uomini si mostreranno vigliacchi, ci difenderemo da sole. Armatevi e tenetevi pronte, e se domani sarà necessario batterci, noi lo faremo in difesa del nostro onore». Il discorso ebbe il merito di scuoterle e di animare soprattutto Angela di Zingaro e Luchina Saccoccia che poi morirono sul campo. Silenziosamente la truppa rosa così formata uscì nei vicoli, rientrò nei palazzi nobiliari o nelle casupole degradate del contado.
Il messaggio di Donna Bianca era passato e non appena la battaglia cominciò si ritrovarono tutte, a centinaia intorno al palazzo di Bianca.

La battaglia

Le notizie provenienti dal fronte – era il 16 febbraio 1521 – si facevano purtroppo però sempre più angosciose e le urla delle donne diventavano sempre più alte: dentro le case patrizie qualcuno, specie tra i più giovani, cominciava a fremere, vergognoso di quell’attesa passiva. Quando arrivò la notizia della caduta della porta d’Agello e che anche a porta del Balzo gli Spagnoli dilagavano per la città, Donna Bianca entrò in azione aiutata anche dal favorevole presagio del volo di due colombe che oggi figurano nel gonfalone cittadino. Alla testa del suo drappello si precipitò verso l’Agello e, appena si trovò di fronte l’alfiere nemico, che sventolava lo stendardo in segno di giubilo, lo stese a terra con il famoso «gran fendente» sottraendogli anche la bandiera. Allora pure i più pavidi presero coraggio, arrivavano i rinforzi dalla città e, sopiti momentaneamente i rancori che dilaniavano i nobili ripani – incitati dall’esempio delle loro spose – da ogni casa uscivano gli uomini in armi e si precipitavano verso il nemico.

L’armata brancaleone

Dai tuguri salì verso l’Agello un esercito di straccioni, ladri, tagliagole, meretrici e accattoni, sciancati, ragazze e vecchie megere. Francesco e Ottaviano Benvignati non ebbero tempo di piangere il fratello Evangelista spirato mentre Bianca, con lo stendardo nemico, i lunghi capelli al vento, incitava alla battaglia dando l’esempio. Così il capitano Mandriguez capitolò.