Il Territorio

Il territorio ripano fu abitato fin dal Neolitico avvicendandosi poi in esso gli Umbri e i Piceni divenendo poi un’importante centro della civiltà picena (IX-III secolo a.C). Anticamente abitato dai Cuprensi fu chiamato nell’epoca Romana Cuprae Mons, in virtù della sua posizione inaccessibile. Il capoluogo sorge sulla sommità di un crinale (494 m s.l.m.), che si innalza tra le valli parallele del fiume Tesino a sud e del torrente Menocchia a nord estendendosi per un territorio di 74,17 kmq. La rupe è estremamente ripida su tre lati, mentre a est declina più dolcemente verso il litorale. L’altitudine raggiunge un picco di 508 m sul Colle San Niccolò. Geologicamente i colli ripani risalgono al Pliocene e sono costituiti di calcare, sabbia, argilla e arenaria. Il centro storico è costruito su cinque colli: il Colle di Monte Antico poi di San Niccolò, il Colle Belvedere poi di San Francesco, il Colle di Capodimonte, il Colle di Agello e il Colle di Roflano poi di San Domenico. A questa tradizionale area cittadina si affiancano, negli immediati dintorni, altre rilevanti alture come il Castellano (432 m) a nord e il Monte Attone (493 m) a sud est. Sotto Ripatransone si snoda un intricato sistema di spelonche chiamate Grotte di Santità, una rete di cunicoli artificiali, chiusi nel 1967.

La struttura, esistente sotto il livello delle mura castellane, che taglia il borgo in larghezza, avrebbe un’estensione di quasi 2,000 mq. La città è poi divisa in quartieri: Monte Antico, Capo di Monte, Agello e Roflano, sulle tracce degli omonimi 4 antichi castelli del IX secolo, ciascuno con la sua porta e la sua chiesa parrocchiale. Quasi inaccessibile da ogni parte, la più elevata fra le colline in largo raggio, per la sua eminente posizione strategica e per le gagliarde mura che la rendevano pressoché inespugnabile fu nei secoli di mezzo un potente strumento di guerra, onde le venne il titolo di Propugnaculum Piceni.

Agricoltura e Paesaggio rurale

Alle 530 aziende agricole, molte delle quali specializzate nella coltivazione della vite e dell’ulivo, si deve la tutela del nostro fragile territorio. Grazie alla loro presenza diretta, coltivando eroicamente le diverse colture frammiste, come un mosaico di piccoli appezzamenti, spesso ad elevata pendenza, fin sui bordi dei calanchi, seguendo la sistemazione a rittochino, con produzioni di qualità affermate, risulta nei dati del censimento agricolo 2011, il primo Comune della Regione a superficie vitata. Sono coltivati: vitigni locali tra cui Montepulciano, Passerina o Pagadebito e Pecorino, ulivi, cereali da granella, foraggere avvicendate, girasole, fruttiferi, orticole e vivai. Le piante sparse o in filari di ulivo, consociate alle coltivazioni erbacee, residui di antiche forme di allevamento della vite maritata, determinano l’integrità del nostro paesaggio storico. Gli esemplari vetusti sparsi, oltre alla produzione, svolgono, mantenimento delle scarpate nelle fasce tra i vari appezzamenti e la determinazione del confine tra le varie proprietà, in un paesaggio completo, evoluto, che si mantiene storicizzato, con varietà autoctone come: l’Ascolana tenera e dura, la Carboncella, la Nebbia del Menocchia e il Sargano di San Benedetto. Negli impianti di uliveti più moderni sono stati introdotti le varietà di Frantoio, Leccino e Pendolino. Per i suoi punti panoramici la strada di crinale che collega la frazione S. Savino ad Acquaviva Picena, nota come “Strada del Rosso Piceno Superiore”, tra i primi vini D.O.C. riconosciuti nella Regione attraversa i paesaggi vitati delle colline ripane, sfumate dai bellissimi colori che poco a poco madre natura dipinge, e regala a chi riesce a fermarsi un po’ nel nostro territorio: La produzione vitivinicola si esprime in altre DOC, come il Falerio dei Colli Ascolani e l’Offida. Tra questi il tradizionale Vino Santo di Ripatransone prodotto dell’interno delle mura cittadine a differenza del più diffuso vino cotto. Non mancano corridoi di arboree spontanee di roverella, o olmo; lungo le capezzagne degli appezzamenti l’acero campestre, spesso a definire confini tra proprietà o disposti lungo le strade interpoderali o vicinali, che collegano sul dorso dei vari colli, le corti delle singole case coloniche, in uso o recuperate per l’alto valore storico, o a borghetti, confluenti poi alle strade comunali intrecciandosi cosi in un reticolato che spesso si apre in boschi più ampi in corrispondenza delle pendenze più significative.