Dal Duomo si accede direttamente al Santuario diocesano della Madonna detta di San Giovanni, patrona della città e diocesi di Ripatransone dal 1893, e dal 1988 della diocesi unificata di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto. La porta d’ingresso fu realizzata in rame nel 1950 da Cleto Capponi: nel pannello centrale di destra è la scena della funzione di ringraziamento (per lo scampato pericolo durante la Seconda guerra mondiale), tenutasi in Piazza Condivi il 25 giugno 1944; in quello centrale di sinistra è la scena della Madonna nell’atto di proteggere dall’alto la turrita Ripatransone, nella parte inferiore della porta sono due stemmi, quello della città a destra, quello del vescovo Ferri a sinistra. Come si presenta attualmente il Santuario, fu innalzato negli anni 1846-58, con il progetto dell’architetto fermano Giambattista Carducci. Le opere che vi si possono ammirare sono: quattro statue di Luigi Fontana: San Giovanni Evangelista, San Giovanni Battista, San Giuseppe, Sant’Anna (collocate nelle nicchie); cinque lampadari in cristallo di Murano (1889); decorazioni parietali di Antonio Morettini; coro ligneo a due ordini, di Sante Morelli di Montegiorgio, nel quale l’11 aprile 2003 sono state collocate provvisoriamente le 14 piccole (larghezza 18 cm, compresa la cornice) stazioni in avorio della “Via Crucis” acquistate nel 1858 da Giuseppe Travaglini, che spese 20 scudi; pure nell’abside, due tele eseguite nel 1919 dal pittore romano Ballarini, raffiguranti: l’Assunzione della Vergine (a destra) e l’Annunciazione (a sinistra). L’edicola a pianta centrale, che custodisce il miracoloso Simulacro (realizzato nel 1620 a Recanati dal camerte Sebastiano Sebastiani), fu progettata nel 1881 dall’architetto Francesco Vespignani; la tela applicata alla grande porta scorrevole, fu dipinta da Luigi Fontana: rappresenta la Santa Casa trasportata dagli Angeli. Sotto la cantoria (sulla quale è un organo liturgico realizzato nel 1857 dall’ascolano Vincenzo Paci), nel 1960 dalla navata centrale del Duomo fu traslocato il Banco del Magistrato, altro capolavoro di Desiderio Bonfini (secolo XVII): è diviso in sei stalli da sette leoni (ne restano tre); nella parte anteriore, sono sette sculture-cariatidi-telamoni, raffiguranti le classi sociali dei primi del Seicento (partendo da sinistra): il mendicante, il bambino, il paggio, la dama, il signorotto (quasi un Don Rodrigo manzoniano), la popolana, il vecchio.